Non importa quale sia l’accordo fra lavoratore e dipendente, l’autonomia del rapporto previdenziale impone sempre il pagamento dei contributi in misura piena. Con questa motivazione la Corte di cassazione, sentenza 6001/2012, ha accolto un ricorso dell’Istituto di previdenza dei giornalisti italiani che lamentava i mancati versamenti da parte di un editore nei confronti di una propria dipendente.
Per la Suprema corte, dunque, “in virtù del principio di autonomia del rapporto previdenziale rispetto a quello di lavoro e dell’indisponibilità dei diritti previdenziali, l’ente previdenziale è legittimato a richiedere la contribuzione corrispondente alla retribuzione dovuta per le mansioni effettivamente svolte dal lavoratore, indipendentemente dalla qualifica formalmente attribuita dal datore di lavoro, atteso che, nell’ordinamento del lavoro, sussiste il principio della piena corrispondenza fra le mansioni e la qualifica ed il lavoratore è, pertanto, titolare di un diritto soggettivo alla retribuzione corrispondente alle mansioni superiori svolte, a prescindere dalla definitiva acquisizione della qualifica stessa”.
Per la Suprema corte, dunque, “in virtù del principio di autonomia del rapporto previdenziale rispetto a quello di lavoro e dell’indisponibilità dei diritti previdenziali, l’ente previdenziale è legittimato a richiedere la contribuzione corrispondente alla retribuzione dovuta per le mansioni effettivamente svolte dal lavoratore, indipendentemente dalla qualifica formalmente attribuita dal datore di lavoro, atteso che, nell’ordinamento del lavoro, sussiste il principio della piena corrispondenza fra le mansioni e la qualifica ed il lavoratore è, pertanto, titolare di un diritto soggettivo alla retribuzione corrispondente alle mansioni superiori svolte, a prescindere dalla definitiva acquisizione della qualifica stessa”.