Nessun «registro delle spese giornaliere» sarà inviato dall’agenzia di riscossione Equitalia alle famiglie e ai contribuenti italiani. Soltanto una bufala, come tante altre diffuse in rete. Tra l’altro partita da un articolo che
doveva forse essere “satirico”, ma che è rimbalzato sui social network,
suscitando reazioni allarmate tra i cittadini e non poca confusione.
IL PRESUNTO «REGISTRO DELLE SPESE GIORNALIERE» NON ARRIVERÀ - Non
pochi siti avevano rilanciato la notizia pubblicata nell’articolo
satirico, ritenendola vera. Peccato che bastava un minimo controllo
della fonte, considerato anche come la presunta “Guardia nazionale fiscale” che avrebbe dovuto vidimare il registro – formato da ben 365 pagine, ndr – non esista.
Eppure la notizia aveva cominciato a circolare con insistenza anche sui
social, facendo allarmare non pochi contribuenti. Dopo le perplessità
sulla nuova versione del redditometro – nonostante i chiarimenti
dell’Agenzia - c’era già chi immaginava questo presunto registro come un
nuovo strumento utilizzato dal Fisco per controllare il cittadino in
ogni spesa quotidiana. In realtà, non ci sarà da preoccuparsi, dato che
la notizia non ha alcun fondamento. Si leggeva come era stato approvato
un presunto «emendamento del Governo che, su sollecitazione dell’EU»,
avrebbe previsto «per tutti i nuclei familiari o singoli contribuenti,
il registro delle “Spese Giornaliere”». E si spiegava come ad inviare
questo presunto registro, nel maggio del 2014, sarebbe stata la stessa
agenzia di riscossione tributi Equitalia. Un provvedimento che avrebbe
coinvolto tutte le famiglie italiane, «esclusi i contribuenti stranieri
residenti nel nostro paese». Una formula utilizzata per far leva sui sentimenti xenofobi e razzisti che spopolano in rete, fomentando chi denuncia presunti vantaggi a favore di immigrati e migranti.
Nel registro sarebbe stato poi obbligatorio annotare qualunque spesa
effettuata nell’arco della giornata. A partire dal «pacco di caramelle»
fino agli acquisti più costosi. Una notizia già di per sé poco
probabile. Eppure in molti hanno “abboccato” alla bufala.
LA BUFALA – Ma non solo: nell’articolo si spiegava
anche come sarebbe stato necessario «enumerare il numero identificativo
degli scontrini e delle ricevute fiscali, entro le 24 ore successive
all’acquisto». Il motivo? Sarebbe dovuto servire per eventuali controlli
incrociati della (inesistente) Guardia fiscale nazionale. Con tanto di
minacciosa possibilità di «rivalsa, in caso di mancata annotazione, sia
sul venditore, sia sul consumatore ultimo». Si leggeva:
«Tutti i coloro che non dichiareranno gli importi delle spese giornaliere, quindi, in caso di mancata annotazione o smarrimento, saranno passibili di denuncia per “omesse dichiarazioni fiscali“, con conseguenti ammende pari ad un valore di 10 volte superiore alla somma non dichiarata».
Con tanto di esempio: «La mancata registrazione di un pacchetto di
sigarette del valore di 5 euro circa, costerà 50 euro di ammenda. I
controlli, grazie ad un sistema computerizzato, saranno molto efficaci
in quanto anche l’esercente dovrà, nelle vendite effettuate, richiedere
la tessera magnetica allegata al registro». Tutto falso. I contribuenti
italiani possono smettere di preoccuparsi. E magari fare più attenzione
alle fonti. Non mancano poi i siti che denunciano come quello delle bufale sia ormai diventato un metodo utilizzato e sfruttato da chi, senza scrupolo, crea falsa informazione «per diffondere il complottismo e per generare introiti commerciali».
tratto da Giornalettismo